Eh niente. Ultimamente sono sovrastata dall’incompletezza della mia formazione, in generale proprio. Intendo l’ABC per affrontare la vita, malgrado questo, la mia incontrovertibile arroganza nel volerlo comunicare sta diventando sempre più urgente. Lo voglio fare, ho realizzato che si tratta di una delle poche cose che so da quando ho voce. Voglio scrivere, esserci, avere una cazzo di voce e darla in pasto al mondo. Perché scrivere è solo un dolore latente che non conosce altra via. Si scrive per se stessi, per farlo sapere e per vendicarsi di un’esistenza fatta di umiliazioni, di privazioni e di ingiustizia. E’ una guerra contro se stessi, un’ingaggio che non trova mai pace. Il chiodo batte sempre lì. Ma oggi ho una sensazione così diversa, così lucida come si trattasse di una folgorazione che mi esalta ed al contempo mi distrugge, so che può sembrare un discorso folle.

Mi viene addosso una disperazione gelida e mi faccio un altro litro di caffè. Questa inquietudine con cui convivo da sempre, messa a tacere con palliativi, per anni, ora è urgente. Spinge il suo dolore in gola e me la annoda, crudelmente. Mi vergogno tremendamente per aver perso tempo e non essere evoluta come essere umano, per aver scordato chi sono. Voglio liberarmi, disperatamente da questa mia mediocrità. Alice nel paese delle meraviglie, esci da questo corpo. Io so di avere un talento ma poi? Come strizzarlo fuori da questa carne putrida nella quale sono racchiusa? Si, siamo destinati a marciare per marcire, lì sotto terra, inutilmente o forse utilmente, secondo logiche naturali perfettamente architettate e che non avremo mai il privilegio di esplorare a fondo.

Nel mentre, in questo respiro intermedio che cosa siamo chiamati a fare? Cercare un significato o offrirne un’interpretazione? Ho paura, più leggo, più mi informo, più studio ecco, aumenta la mia inquietudine. Voglio scrivere e lo voglio fare sapendo dove mi trovo. Voglio servire a questo meccanismo in cui il caso mi ha lanciata.

Sto candendo vorticosamente verso la fine dei miei giorni, senza paracadute ovviamente. Voglio fare un gran botto anche farmi male se serve ma fare casino, per una volta nella mia vita, esserci. Nel mentre mi sbraccio e precipito, perché questo nulla, tutta questa aria che mi ferisce il viso, che mi fa lacrimare, è troppa, tutta assieme, essenziale ed al contempo assassina. Mi sento dilaniare nel corpo e nello spirito.

Inspira, espira. Forse oggi è nata l’idea di chi sono, di dove potrei andare. Oggi ho avuto questa illuminazione. L’identità. Altra ricerca non potrebbe avere senso ora, altra esplorazione sarebbe superflua. Andiamo per grado, sveliamoci con pazienza. Parlo a me stessa come stessi davanti ad un folle, con calma, cercando di estrapolare qualche parola di senso, per capire cosa ancora di può salvare di questa identità perduta. Ci sei. Mi guardo negli occhi attentamente. In cerca di identità.

Ti scruto cara mia, forse ti ho vista oggi, per la prima volta. Sei nata, ma la strada per il primo vagito è lunga. Se si partorisce con dolore si diventa se stessi con altrettanta disperata urgenza e tremenda lacerazione.