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BUIO PADRE – Michele Vaccari
La lettura, nelle ultime settimane è stata rallentata da numerose vicende personali che hanno interferito non poco con il mio consueto ritmo. Il romanzo di cui scriverò oggi è “Buio Padre” di Michele Vaccari. Ora, vorrei anticipare che stimo moltissimo Michele come persona, un essere umano di rara coerenza e questo, nella nostra società così avvezza alle maschere di comodo, direi è un valore di non trascurabile importanza. Considerato poi che Michele Vaccari con questa sua personalità tutta d’un pezzo, scrive, fa editing e diffonde cultura direi che il valore aggiunto apportato dai suoi interventi è indubbio.
La prima volta che mi sono imbattuta in questo autore stavo seguendo un corso per principianti lettori di case editrici organizzato da NN editore e Giulio Perrone Editore, mi sarebbe molto piaciuto – in realtà ancora adesso mi piacerebbe – collaborare come lettrice con casa editrice. Era il 2020 e a parte questo corso stavo preparando anche un concorso, avevo il cortisolo a millenovecentonovantanove. Avevamo avuto un compito, leggere un romanzo e stilare una scheda di lettura secondo le indicazioni ricevute durante le lezioni precedenti. La lettura mi aveva fatto davvero incazzare, primo perchè fuori dal mio genere e secondo perchè non avevo capito niente e frustrata dalla mancanza di tempo e dal fatto che lo sprecavo a leggere quelle pagine, avevo fatto una valutazione molto negativa. Mi sono pentita di quel giudizio, ora cerco di essere più lungimirante. A ogni modo, al termine della correzione delle schede di noi partecipanti, compare sullo schermo di zoom Michele Vaccari e ci spiega la sua esperienza con NN editore, al tempo stava per uscire Urla sempre primavera un romanzo fuori dalle mie corde ma che poi ho letto per la stima che Michele Vaccari durante quella lezione era riuscito a carpirmi. A me Michele piace, mi piace leggerlo e ascoltarlo quando parla di libri, per la competenza che esprime e per la voglia di “dire la sua” di esserci insomma col suo personale modo di essere a volte anche oltre il limite del polemico.
Questo preambolo serve alla mia recensione di Buio Padre edito con Marsilio Editore? Si. Ho letto il libro anche se leggerlo mi è costata fatica, anche stavolta. Lo stile di Michele Vaccari, come già hanno detto più illustri recensori di me, prima di me, è uno stile che non regala niente al lettore. Per capire ti devi immergere nella lettura e comprendere dove l’autore vuole andare. Lui non si pone il minimo problema nel rendere la lettura scomoda, lo fa. Ti piace? Bene. Non ti piace? Fondamentalmente sono solo cavoli tuoi. Ha ragione? Non sono sicura. Certo è che io mi diverto a scoprire alcune licenze, certi neologismi che quando lo leggi da un po’ capisci sono la sua “cifra stilistica” oppure semplicemente i momenti in cui si diverte lui e ti sta proprio perculando, per citarlo. Ti chiedi se sia proprio così, ma non sai esattamente la risposta e vai avanti a leggere. Forse capirai più in la, ma il la non arriva mai quando te l’aspetti. Non si capisce mai fino in fondo e restano, non scritti, i puntini di sospensione.

La vicenda racchiusa nel romanzo è una storia a tutti gli effetti e Buio Padre incarna, anche secondo me, il tentativo di costruire una narrazione, in un tempo e in uno spazio capaci di denunciare il male del contemporaneo, tuttavia non sono riuscita a volare con questa storia. Mi dispiace moltissimo, mentre leggevo ho provato molto disappunto per questa storia che non riusciva a prendermi fino in fondo, che non incontrava un gusto universale, un linguaggio consono a risvegliare coscienze, quando invece sarebbe necessario e probabilmente è uno dei motivi per cui è stato scritto. Mi sono dispiaciuta perchè mi aspettavo un’evoluzione rispetto Urla sempre primavera. Ci ho sperato e creduto molto, ma non è arrivato questo carico di emozione. Non mi ha conquistata, ma forse perchè è rivolta a un pubblico diverso. Forse un giovane che legge questo romanzo può trovarci una chiave di lettura della realtà, cominciare a porsi delle domande. Questo mi chiedo non sarebbe il merito più grande che uno scrittore potrebbe avere nella sua carriera? Spronare gli altri, ma soprattutto i giovani, a pensare? Si, mi dico. Punto per Vaccari e palla al centro. Forse sono troppo vecchia.
L’ambientazione di Buio Padre è Crinale un luogo reale, con problemi concreti e tristemente attuali. Aziende che chiudono e che all’improvviso distruggono le aspettative di intere famiglie. Il sistema antropocentrico che mette miseramente in luce le sue politiche fallimentari. Una frana causata dall’impatto umano sul territorio e sulla natura devasta l’area e provoca eventi a catena che sembrano trascinare la comunità verso un baratro di follia. Vinicio, Raul, Dafne e Adamo sono i giovani protagonisti che scioglieranno i nodi del mistero legato a pieve del Diavolo. Ci sono molti ingredienti il Diavolo appunto, funghi allucinogeni, fosse comuni nascoste, soprusi e contratti collettivi, diritti dei lavoratori, magia e sopravvivenza, un passato che prima o poi chiede pegno. Tanta roba tutta insieme in 380 pagine. Io in alcuni punti mi sono persa, a momenti non ci credevo specie verso la fine, ma poi ho recuperato il filo conduttore.
A tratti mi sono divertita lo ammetto. C’è una sottile ironia in alcuni passaggi tuttavia ci sono anche molti “ma” in questo romanzo, almeno per me. Elementi che alla stregua di mattoncini lego hanno costruito, via via che la lettura proseguiva, un muretto. Una sorta di ostacolo tra la mia massima buona predisposizione verso il romanzo, la stima per l’autore, la curiosità di capire dove mi avrebbe portato questa volta e dall’altra parte la sua idea di fondo. E’ proprio l’idea che non mi ha convinta, quei principi di lotta e rivoluzione nelle mani dei giovani commisti a un senso di profondo disgusto per la nostra società fatta di zombie inamovibili e immutabili che ci circondano in modo palese dal G8 e che sembrano aver trangugiato la loro coscienza e mai sazi cerchino di uccidere anche quella degli altri. Questo nucleo incandescente che rende Michele Vaccari sempre costantemente incazzato come il tassista di Gioele Dix, mi sembra perdere di forza spinta cosi agli estremi e reiterata. Una sequela di sassolini da togliere dalle scarpe, una lotta personale più che la consacrazione di un messaggio. La rivoluzione necessaria, i giovani come ultimo baluardo. Tutto verissimo, inattaccabile ma, a tratti sa di già sentito. Purtroppo è questa parte che mi ha reso tiepida la lettura. L’annuncio, il già visto, il troppo descritto, troppo dialogato per indottrinare il lettore. Forse avrei concentrato, condensato alcuni concetti che mi sono sembrati eccessivamente allungati nelle pagine del romanzo.
Consiglio in ogni caso di leggere questo autore che si contraddistingue per essere una voce fuori dal coro, inventa storie davvero, come dovrebbero fare gli scrittori. Questo oggi è un merito innegabile. Inoltre Vaccari ha la volontà e la capacità di lavorare sulla lingua, cerca, esplora nuovi modi e cela sempre sorprese da scroprire ragione per la quale non mancherò di leggere le sue prossime pubblicazioni!
Ad maiora!
Luciana