Il tuo carrello è attualmente vuoto!
ALL’OMBRA DEL FICO – Goran Vojnovic
Questa lettura, portata a termine la scorsa settimana è stata una piacevole sorpresa.
All’ombra del fico mi ha attirata per un’assonanza con la mia infanzia, trascorsa molto spesso nel giardino di mio nonno, anch’io raccoglievo all’ombra del fico pensieri e frutti dolci e così mi sono trovata a leggere una storia che non mi aspettavo e che mi ha stupita e travolta lasciando molti spunti di riflessione.

Qui trovate il link per acquistare copia del romanzo edito con KELLER casa editrice fondata nel 2005 e che si occupa esclusivamente di traduzione fin dalla sua nascita centrando la sua attività su storie, romanzi e saggistica, ambientati nella Mitteleuropa e l’Europa orientale, puntando soprattutto sul tema del confine.
Ammetto che le proposte di Keller mi hanno già riservato alcune ottime sorprese quindi continuerò a corteggiarla e seguirla con ancora maggiore interesse.
Questo romanzo tratta di luoghi e di vite che li intersecano. Il movimento di idee e di persone lungo il globo, per come li abbiamo intesi almeno fino qualche anno fa, non ha nulla a che vedere con la realtà che per secoli ha abitato le terre tra le quali si snoda questa storia. Viaggiare attraverso i Balcani era una questione seria, ci si spostava perché obbligati da una forza maggiore, di solito questo movimento non portava niente di buono, così commenta Vojnovic in un’intervista e in questo modo fa prendere immediatamente al suo lettore le distanze dai luoghi comuni. Nei Balcani tutto deve essere collocato in un posto preciso, sotto una luce particolare, riconsiderato e pertanto contestualizzato.
La protagonista di questo romanzo è una sorta di malinconia, un sopito desiderio che alimenta ogni esistenza, una voglia di ritorno, la, dove non potremo più essere, in un corpo che non ci appartiene più e vicino a persone che si sono dileguate nel tempo.
All’ombra del fico è una saga familiare che attraversa tre generazioni, si muove tra Istria, Jugoslavia, Italia tracciando un paradigma di quel mosaico interrotto che abita i Balcani. Un conflitto latente anima i personaggi che si trovano in bilico, sempre al confine, incerti e prigionieri di dogmi e di lingue che sembrano sferrare sciabolate irretendo la loro volontà, capaci di aprire strade o erigere muri gli idiomi si arrogano il diritto di orchestrare la vita degli uomini che sembrano solo in balia degli eventi, incapaci di scegliere.
Il merito di questo romanzo è quello di consentirci di vedere una realtà poco nota grazie al suo potere narrativo. Tutti andiamo incontro a crisi d’identità e quando a queste si aggiunge la disintegrazione di un paese che era il tuo e devi decidere chi diventare, tutto è molto più complicato. Questa grande difficoltà, che ha ferito le generazioni raccontate in questo romanzo, si riflette nelle stesse famiglie etnicamente miste. E per chi abita questi territori assicuro che ci sono moltissime testimonianze di amici e conoscenti. La lingua, l’appartenenza etnica sono stati a lungo strumenti di ricatto e divisione all’interno degli stessi nuclei famigliari, seminando dissidi e dissapori anche tra chi scorreva lo stesso sangue.

In Vojnovic è ricorrente il tema del viaggio e anche qui i personaggi sono tutti alle prese con percorsi fuori e dentro se stessi. Ma in particolare spicca il viaggio del protagonista narratore, Jadran che ci descrive la storia della sua famiglia e della sua vita e del suo amore incrinato sezionandolo attraverso la sua stessa inquietudine.
La lucida visione di presente e passato culmina in descrizioni che restano fisse come chiodi nella memoria.
I seni nudi della madre che ha parlato con suo padre Safet resteranno a lungo nella vita di Jadran marchio di umiliazione e solitudine, imperdonabile senso di colpa coltivato al lume delle recriminazioni rabbiose verso il padre, verso la sua stessa identità.
L’abbandono in questo caso è dirimente ma non manca il segno indelebile degli eventi pubblici e privati che riescono a incidere nella carne e nella memoria di noi tutti e di nuovo ci ritroviamo come in un’unica famiglia, umana, a condividere la disperazione di uno stato da cui vorremmo sublimare la nostra stessa essenza, eppure torniamo materia.
Ci sono solchi che non potremo mai colmare e poi quasi come un’epifania, da adulti rispolvereremo singole parole o frasi intere che ci hanno attraversato i timpani un tempo e che oggi riescono a riportare, come risacca del mare una verità troppo a lungo taciuta. Come la frase del nonno Aleksander, votato all’accudimento della moglie affetta da Alzheimer.
Non è che uno debba essere da solo per essere solo
E’ una verità ricostruita, romanzata e concentrata, tutta qui, non serve aggiungere altro. Questo è lo stile di Voinovich che con una prosa poetica ma essenziale ti porta bruscamente alla realtà, investendo il lettore con piccole gocce di saggezza popolare in cui riconoscersi tutti.
Così bello così spaventoso.

NOTA SULL’AUTORE:
Goran Vojnovic è uno scrittore e sceneggiatore originario di Lubiana, classe 1980. Si è imposto sulla scena della letteratura Slovena con Cefuri raus! pubblicato nel 2008 sempre con l’intento di affrescare una realtà, quella slovena fatta di storie di contrapposizione e di rivendicazione identitaria.