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IL GELSO DEI FABIANI – Renato Ferrari
Quest’oggi desidero parlare del romanzo storico Il gelso dei Fabiani di Renato Ferrari edito con MGS Press.
Questa lettura è stata un’altra bella scoperta di quest’estate, un regalo molto gradito fattomi al mio compleanno da una cara amica che lo stava leggendo e che ha ben pensato anche a me. Devo dire che sono stata ammaliata dalla scrittura di Ferrari. La capacità di evocare luoghi, emozioni e storia è di certo una delle cifre stilistiche dell’autore che lo fanno amare a chiunque lo legga da quarant’anni a questa parte.

STRUTTURA – La prima parte del romanzo offre, al lettore che non ne fosse edotto, un quadro storico e sociale della città di Trieste. Viene descritta la sua evoluzione da piccolo paesotto memore dei fasti romani a importante porto mitteleuropeo che attraeva mercanti e lavoratori da tutto il mondo. La bellezza di questa introduzione sta nel fatto che la storia di questi luoghi viene offerta su un piatto d’argento, resa avvincente e con un tono da favola e con punte ironiche che fa scivolare le pagine in un attimo. Dovrebbe essere letto in tutte le scuole medie e superiori, non solo in Friuli Venezia Giulia, peccato non mi sia stato proposto a suo tempo. Ricordo che avevo letto per conto mio Il mio Carso di Spicio Slataper, ma questo romanzo di certo avrebbe arricchito anzitempo il mio amore per Trieste e la mia voglia di saperne di più. La capacità di raccontare di Ferrari passa anche attraverso l’uso delle parole comuni, alcune hanno risvegliato vecchi ricordi e mi sono rivista in cucina della mia bisnonna mentre lei chiacchierava rimbeccandosi con la sorella, zia Agnese, usavano parole del dialetto e del tedesco e ogni tanto qualche parola slovena. Un bel mix che mi affascinava allora e che resta, poco da dire, la cifra stilistica di questa terra. Mista, ardente e spigolosa.
TRAMA – La protagonista di questo romanzo non è solo Trieste ma a un certo punto subentra Charlotte, la seguiamo dall’infanzia fino alla prima età adolescenziale, con i primi dubbi e battiti di cuore, la ragazzina ormai adolescente segue la madre in una viaggio, addirittura da Trieste a San Daniele del carso. Oggi si tratta di una gitarella poco impegnativa da fare la domenica, mentre per l’epoca, con la carrozza guidata dai cavalli, si trattava di un’impresa. Dalla città di Trieste quindi, si passa alla vita del Carso. Quieta, ordinata e selvaggia al contempo. Le regole e la forza della natura cominciano a insinuarsi nel cuore della giovane Charlotte facendola innamorare.
La pacatezza delle persone, i sapori delle conserve e dei prodotti dell’orto, il verde e i colori della natura risvegliano nella giovane ragazza nuovi sentimenti e il desiderio di affacciarsi a quel mondo. La cura e la tutela dell’equilibrio racchiuso in quella terra ospitale che sente subito sua si fano strada e animano Charlotte in una strenua difesa della pacifica convivenza che aveva per un secolo contraddistinto quelle zone. Questo giovane amore per la terra del Carso, troverà la sua naturale trasfigurazione anche per Anton con il quale trascorrerà una vita felice e piena di soddisfazioni.

CURIOSITA’ – Charlotte e Anton avranno quattordici figli e tra questi Max Fabiani lascio qui un link per chi non lo conoscesse e suggerisco, nel caso passiate per Trieste di fermarvi a dare uno sguardo alla splendida Casa Bartoli, progettata dall’architetto e risalente al 1906.
Il gelso nel giardino dei Fabiani era ingabbiato in una struttura metallica che aiutava a mantenere la chioma nella sua forma a cappello, agevolo la foto contenuta nella mia edizione, ce ne sono molte altre che ritraggono la casa dei Fabiani, Charlotte e la famiglia… ma la curiosità verrà soddisfatta in caso di lettura del libro!
CONCLUSIONI – Si tratta di una bella storia d’amore con lieto fine ma anche un racconto di una vita fatta di dedizione verso un territorio, per me che sono di queste zone ha un valore aggiunto ma la memoria pacata di generazioni diverse, che hanno vissuto prima di noi con quel piglio di energia e di candore, potrebbe fare bene a chiunque, come un viaggio nel proprio passato perché la molteplicità di questi luoghi e la loro complessità storica incontra nel cuore la sensibilità umana urbi et orbi.