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GIU’ NELLA VALLE – Paolo Cognetti
Sabato sono passata in una delle mie librerie preferite di Trieste: la Minerva, si trova in pieno centro in Via San Nicolò 20; se vi trovate in città non trascurate di farvi un giro anche qui, potreste trovare qualche chicca interessante, anzi è altamente probabile vi accada.
La mia visita in libreria doveva essere dedicata a un semplice ordine di un libro che avevo in lista di attesa da qualche settimana, tuttavia, proprio a fianco della cassa ecco comparire una pila tra le altre, spiccava, Giù nella valle, mi guardava e siccome anche questo romanzo di Paolo Cognetti era nella mia lista da un pochino di tempo, ne ho acquistata una copia. Domenica sera avevo ultimato la lettura.

Ho seguito il consiglio di altri autori, soprattutto Franco Faggiani, che stimo molto e leggo da qualche anno, l’aveva indicato ancora prima dell’uscita.
Bene, dopo averlo letto confermo il consiglio a chi capitasse da queste parti. Si tratta di un romanzo breve, sono 118 pagine che si inanellano grazie a una storia accattivante e a un lirismo che immagino sia la cifra stilistica di Cognetti, non ho letto Le otto montagne – tra l’altro vincitore del premio Strega nel 2017 – perché causa il film lo vedevo ovunque e in questi casi soffro di reazione di opposizione, come altro potrei definirla non so. Forse in questo caso farò una eccezione.
Si vede che a Cognetti appartengono come il sangue, la montagna, la terra e gli alberi, ma anche gli animali, il sottobosco e l’acqua delle pozze e del fiume, delle risorgive, del cielo. La natura stessa dentro il romanzo prende vita e si trasforma in coprotagonista.
TRAMA – Siamo in Val di Sesia, il fiume attraversa la valle e le vite dei protagonisti, umani e animali portando con se presente passato e futuro. Una cane selvatico o un lupo, non sappiamo bene, terrorizza la valle attaccando gli altri cani e uccidendoli. Un fratello torna a casa dopo anni in Canada. Un padre è ormai morto, ne resta una presenza ingombrante e lontana. I due fratelli Luigi e Alfredo uniti da radici spesse hanno, come i due alberi piantati nel giardino dal padre, un larice e un abete, chiome diverse, indoli e personalità che si sono allontanate e questa nostalgia guida le loro azioni e parole. La montagna richiama e allontana a sua volta, il progresso modifica il paesaggio trasforma le persone, separa e unisce in una vera e propria lirica che, a sorpresa sul finale svela le proprie origini e lascia vagare con il pensiero, un regalo prezioso da parte dell’autore.
SPUNTI – Ci sono molti suggerimenti letterari a cui Cognetti fa riferimento in chiusura e che rimandano a ulteriori letture, come fanno i bravi libri, che tracciano percorsi di crescita interiore. Carver con la raccolta Cattedrale mi aspettava da un po’, occasione questa perfetta per cominciare la lettura. Ultimamente mi sto affezionando al genere “racconto” che costella le mie giornate con piccole ampolle di profumo vitale, ogni racconto crea un mondo a se stante e risveglia una piccola fiammella, qualche volta mi rendo conto, con spaventosa inconsapevolezza, che era spenta. Grazie anche per questo.
MIE RIFLESSIONI – Al netto delle polemiche insorte in Valsesia contro il romanzo, a parere della comunità montana lesivo della sua immagine, argomento del tutto inspiegabile e incomprensibile. Leggendo Cognetti mi sono accorta di quanta bellezza, purezza e vita possono racchiudersi in uno sguardo attento al mondo che ci circonda. Mi sono accorta anche di quanta bellezza abbiamo bisogno, ma non come orpello, come punto di vista. Abbiamo la necessità, come genere umano alla deriva, di saper vedere quello che di buono ci circonda e che fa parte di noi, come noi siamo parte di un sistema complesso di equilibri, di un sistema osmotico di perfezione che si autosostiene e nutre in una corrispondenza perfetta. Non siamo soli e non lo saremo mai, anche nell’universo in tutta la sua interezza non percepibile, se comprendiamo questo delicato meccanismo, se lo rispettiamo e ci rispecchiamo, uno negli occhi dell’altro, con quella delicatezza e quell’amore destinato ai neonati, che non sanno niente nemmeno di se stessi, figurarsi di dove sono capitati. Nostro compito è proteggere quel neonato dentro di noi e dentro il prossimo, scrutarne gli occhi e trovare, custodire quel vagito di onestà e di purezza, che esiste, in tutti.
Voglio sottolineare soprattutto la bellezza di cui si parla nel romanzo, al di la della trama che tuttavia traccia esistenze difficili, costellate di errori, spesso fatti dagli adulti verso i più piccoli, spesso dei benpensanti verso chi si macchia di desideri e di libertà. Decidere con la propria testa e la propria attitudine è sempre difficile, ma soprattutto convivere con le proprie scelte in un mondo complesso e pieno di gerarchie è la faccenda complicata che ci aspetta, il nostro vivere sociale è la parte faticosa, come renderla più semplice al prossimo? Io questo pensiero me lo sono posto molte volte, la mia esistenza è un ostacolo, le mie parole sono fuori contesto? Si. Spesso ho sbagliato i modi e le tempistiche. A mia giustificazione, posso dire di averci sempre riflettuto, dagli errori si impara, dal ragionare su quello che ci circonda, le cose, le persone, le emozioni, si impara. Leggendo si impara, amplificando il sentire e cercando corrispondenze, si impara, non si finisce mai, come dicevano i miei nonni e forse i nonni di tutti.
Questo è il grande vantaggio di chi legge molto, consiglierei l’attività di lettura intensa, intensissima, a tutti i ragazzi da quando cominciano con i fumetti almeno fino l’università, poi per fortuna l’abitudine o il vizio, come volete chiamarlo, non si perde. Leggere ti consente di vedere molte prospettive, molta vita, luoghi, opinioni e opportunità. Questa matassa di conoscenza crea un bozzolo infrangibile, una protezione con cui incedere con sguardo aperto e attento.
Penso l’autoconsapevolezza e il rispetto per il prossimo siano molto collegati anche alla capacità di osservare e osservarsi nel mondo, non possiamo perdere di vista chi siamo.
In questi tristi giorni, in cui dobbiamo salutare Giulia, ennesima vittima di femminicidio, si sente forte l’esigenza di un cambiamento, che non sarà violento e immediato. Non possiamo #bruciaretutto, come inneggiano alcuni gruppi di attiviste e attivisti. No, per me dobbiamo abbracciare tutto, riconsiderare tutto e noi stessi, riprendere i bandoli della matassa, del chi siamo, cosa vogliamo e dove andiamo. Dobbiamo recuperare la zattera e cercare una comune stella polare, una guida buona che ci sveli quello che siamo, umani, dentro, capaci di cose magnifiche. Come questo piccolo, preziosissimo, romanzo.
Auguro a chi passa per caso qui su questo post di perdersi nella bellezza, di scansare l’orrore, di esserci e di offrire al mondo il proprio potenziale, ne abbiamo bisogno, estremo, finale, assoluto.

AUTORE : Paolo Cognetti – è nato a Milano nel 1978. Tra i suoi libri: Sofia si veste sempre di nero (minimumfax 2012), Il ragazzo selvatico (Terre di mezzo 2013) e Senza mai arrivare in cima (Einaudi 2018 e 2019), La felicità del lupo (Einaudi 2021 e 2023) e Giú nella valle (Einaudi 2023). Nel 2021 ha curato L’Antonia su Antonia Pozzi (Ponte alle Grazie). Sempre nel 2021 è uscito il film-documentario Paolo Cognetti. Sogni di Grande Nord. Le otto montagne (Einaudi 2016 e 2018), è stato tradotto in oltre quaranta paesi e ha vinto il Premio Strega, il Prix Médicis étranger e il Grand Prize del Banff; il suo adattamento cinematografico, diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, ha vinto il Premio della giuria del 75° Festival di Cannes e quattro David di Donatello, tra cui quello per il Miglior film.
(Trafiletto biografia tratto da www.einaudi.it)