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ALMA – Federica Manzon
258 pp Edito con Feltrinelli.
Per alcuni mesi ho osservato la copertina di Alma con un certo distacco, mi faceva l’occhiolino dalle vetrine in città e tra le pile di libri abilmente disposte dai librai. Di Alma ne parlavano tutti qui a Trieste e sui giornali, così all’inizio ho pensato di sottrarmi alla malia di leggere storie così vicine, poi, per fortuna aggiungo, mi sono decisa e ho acquistato la mia copia, proprio nella mia libreria preferita la Minerva, subito dopo la presentazione di un altro autore di un romanzo storico sempre ambientato a Trieste, fatalità quello lo devo ancora comprare e leggere e invece Alma mi ha rapita, ho divorato le sue pagine piena di sensazioni contrastanti.

Alma è una giovane donna che rientra a Trieste per recuperare l’eredità lasciata dal padre. Un genitore assente eppure dalla presenza ingombrante e che si marchierà a fuoco nel carattere e nei desideri della figlia. Ho scritto un appunto mentre leggevo il romanzo, ovvero che mi ero sentita incerta, illuminata e sciocca.
Leggere Alma, per me che sono di Trieste, ha avuto un sapore rievocativo tanto che l’effetto sovrapposizione è stato un automatismo: ho sentito sulla pelle molte delle cose raccontate e vissute dalla protagonista. Ho cominciato a sottolineare frasi fin da subito, ad alzare lo sguardo quando le parole sembravano riavvolgere il nastro della mia vita, a chiedermi se io avessi mai incontrato Alma al tempo, o se parte di lei avesse vissuto dentro di me.
Seguiamo Alma nella sua infanzia sull’isola di Brioni dove anche mia mamma era stata mandata in colonia estiva e mi ha fatto un certo effetto sapere anche da lei che al mattino erano previsti canti in onore di Tito – ogni paragrafo diventa pretesto per delle divagazioni personali – poi vediamo Alma nell’adolescenza, proprio negli stessi luoghi che frequentavo io alla sua età, Viale, Caffè San Marco, Barcola, gli scogli a picco sul mare dai quali tuffarsi. Io andavo in prima media nel 1991, e mi sono ricordata che durante il conflitto nei Balcani ci avevano spiegato subito che c’erano bambini, molto vicino a noi a cui mancava tutto. Io li ho sognati per settimane, quei bambini spauriti e pieni di sogni. Ricordo che per Natale avevamo preparato una raccolta, ognuno doveva far stare dentro una scatola da scarpe dei giochi, delle cose da regalare a quei bambini oltre confine, che erano tali e quali a noi ma a loro era capitato di non avere più niente. Ricordo di aver messo cose per me preziosissime in quella scatola e poi chissà, mi sono sempre chiesta se quella bambina avrà ricevuto il mio dono, se le sarà piaciuto. Che idea sarebbe stata scambiare dei messaggi, ove possibile con quei bambini, creare un ponte di comunicazione tra bambini che niente e tutto sanno della guerra. Io avrò sempre in mente il freddo al cuore che provavo in quei giorni di terribile sgomento e non oso immaginare cosa sia rimasto a chi le bombe le ha ascoltate, chi ha subito quelle vergognose violenze, gli espropri, la perdita della propria identità, della terra e della vita.
Ricominciare è uno dei grandi poteri dell’uomo, malgrado tutto, si può ricominciare dalle macerie che sono franate al suolo e dentro l’anima. Ricominciare è un superpotere che non dimentica mai ciò che è stato, la strada percorsa, ma ne fa tesoro e si spera sempre che in un nuovo inizia si possa annidare anche una consapevolezza fresca, che possa custodire passato. L’attualità qualche volta smentisce questo auspicio ma a piccoli passi le rivoluzioni avverranno, umane, linguistiche, filosofiche. In fondo c’è anche chi, oggi, si permette di dire che i dinosauri non sono mai esistiti, potere del tempo e della libertà contemporanea, della regressione che lascia senza parole e poi le riaccende di sdegno.
Torniamo al libro Alba parla di un ritorno e come tale, sempre questo ritorno comporta la scelta di premere sull’interruttore della memoria, poi nella realtà interviene il concreto: sono gli odori, i suoni e i colori che di volta in volta riaccendono il nostro io, sepolto nel passato. Ma soprattutto con Alma affiora quella che è la più netta caratteristica, anche oggi, di Trieste la sua giovane e immatura identità, fatta di crepe e ferite nascoste di incomunicabilità; una città a volte fredda ma solo per chi si ferma alla sua superficie. Lascio un piccolo stralcio che io ho trovato al contempo commovente, poetico e pieno di verità:
“In quei primi mesi a tavola trionfa la schizofrenia linguistica: la madre di Alma parla in lingua, come il resto della nazione, perché crede che così la vita sia più facile; il padre parla lo sloveno del confine convinto che serva ai ragazzi per integrarsi nella terra di mezzo tra la Città e il Carso dove sono finiti a vivere, ma poi scivola nel serbo-croato o nel croato-serbo che parla con accento ungherese; Alma per ripicca risponde nel dialetto della città e Vili, che pure impara ogni nuova lingua con facilità, usa lo slang di Belgradoche solo il padre di Alma decodifica. Si passano parole come manici bollenti di una pentola, afferrare con cautela.”
Ecco credo questa frase, usata per descrivere il nucleo familiare nel quale ci muoviamo dentro la storia sia in realtà esemplificativo della vita schizofrenica, parola non usata a caso, che si svolge nella Città, la mai nominata Trieste.
Bravissima Federica Manzon davvero complimento per questo romanzo pieno di verità, storia e sentimento. Voglio leggere tutte le altre opere.

Federica Manzon è un’autrice italiana. Collabora con l’organizzazione del festival letterario Pordenonelegge ed è redattrice di «Nuovi Argomenti». Tra i suoi titolo, Come si dice addio (Mondadori, 2008), Di fama e di sventura (Mondadori, 2011), libro finalista al premio Campiello, La nostalgia degli altri (Feltrinelli, 2017), Il bosco del confine (Aboca, 2020) e Alma (Feltrinelli, 2024).
Fonte: ibs.it
[…] l’impegno e la cura di Federica Manzon, altra autrice che ho avuto il piacere di recensire qui, tra l’altro quest’estate c’è stata una presentazione di Alma, il suo ultimo […]