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L’ABBANDONO – valentina durante
Edito con La nave di Teseo – Collana Oceani – 296 pp.

Ho letto l‘Abbandono di Valentina Durante ascoltando il consiglio di Giulio Mozzi e come sempre non posso fare altro che alzare le mani: era un consiglio buono e giusto.
TRAMA – La protagonista de L’abbandono è Anna, la incontriamo inizialmente adulta, è appena separata e torna a vivere a casa del padre ormai malato, ipocondriaco e pieno di manie, la vecchia zia che aveva vissuto con loro e che aveva accudito l’uomo durante tutta la vita non è più in grado di sostenere quel peso. A tal riguardo ho trovato lucidissime, calzanti e dolorosamente mie le frasi dedicate alle donne della famiglia di Anna, “malate di sfinimento“. Malgrado questa consapevolezza è la stessa zia Maria Assunta a vivere la sua vita in funzione del fratello (il padre di Anna) e a sua volta trasferendo alla nipote il dogma del sacrificio femminile in virtù dei padri e dei fratelli. Anna fin da piccola segue questi insegnamenti, non impara ad amare se stessa, desidera invece l’amore degli altri, si consuma in questo desiderio senza concedersi o esigere un minuto di Amore incondizionato. Cito solo uno stralcio anche se la lettura svela molti chiaroscuri e sfumature che ovviamente lascio al piacere della prima lettura:
Erano donne, quelle come mia nonna Ada, che si sfiancavano nei campi o negli opifici fin da piccole e a quarant’anni si portavano addosso un corpo liso, trascurato in nome d’altri, del dovere o della volontà di Dio.
Torniamo alla protagonista, la casa paterna rimasta intatta è una sorta di ovile con cui Anna deve fare i conti è lo scrigno di un passato a cui non si rassegna del tutto. Il carattere tagliente e la natura inerme del padre sono solo iniziali, mano a mano che affiora la storia delle loro vite, l’opposta natura dei due emerge in un detto e non detto che ci fa intuire l’enorme complessità che risiede nei rapporti più stretti: genitori e figli, generanti e generati.
I discorsi, racchiusi nei ricordi del passato e gli scarni scambi di parole nel presente sono tutto un sincrono di emozioni, una bomba ad orologeria, può essere disinnescata o alimentata, a seconda di quanto si desideri sondare l’abisso in cui ci getta quasi sempre l’Amore; non a caso i capitoli vengono scanditi dal tempo che scorre e noi lettori sappiamo che qualcosa accadrà, inizialmente è imperscrutabile, alimenta la nostra curiosità e via via che la lettura si addentra, sempre più sentiamo che qualcosa di indicibile accadrà, ci addentriamo e veniamo soggiogati dalla rete della trama, comprendiamo in ritardo, ci viene concesso di intravedere tasselli sfocati di una storia che si ricompone ma che resterà per sempre incrinata, “guasta”.
NOTA SPECIALE – Oltre allo stile che denota una scelta accurata delle parole, senza mai appesantire il discorso, anche quando il tema è difficile, inevitabilmente indigesto. La nota di merito speciale per Valentina Durante è che nel suo romanzo a parlare sono i corpi, nelle loro forme, malattie (reali o immaginarie), nelle ispezioni, invasioni, trasformazioni. I corpi in questo libro si muovono e sono immobili e sempre sono presenti, in un modo quasi doloroso perché ricorda quanto nella nostra vita di tutti i giorni dimentichiamo di avere parti del corpo che ci seguono, ci anticipano e subiscono le nostre manie, le nostre disattenzioni e le cure eccessive, tutto. I nostri corpi sono muti salvo farsi insopportabilmente presenti quando arriva il conto da pagare. I corpi sono ciò che resta, quello che non sapremo mai come verrà scomposto, testimoni di tutta la nostra esistenza pazienti e muti, mai dimentichi.
QUESTIONI – Centrale è un lutto che tutto trasforma, soprattutto il rapporto malato di Anna con suo fratello, intelligente ma al limite dello psicopatico e che distrugge ogni tentativo di Anna di emanciparsi e soprattutto di recuperare con lui una relazione, qualsiasi tipo di relazione in effetti possa essere recuperata da due vittime dell’abbandono, ognuno artefice del suo dolore.
Tra i vari temi sui quali il romanzo di Valentina Durante mi ha fatto riflettere c’è il fatto che non è l’azione consapevole che ci rende chi siamo, ma l’irrazionale, molto spesso è il silenzio che trova spazio nelle pieghe dei nostri dubbi, le parole che avremmo voluto pronunciare o ascoltare e che, amaramente, rimpiangiamo. Da qui emergono tutti i nostri desideri, quelli espressi e quelli che non conosceremo mai, perché non ci è concesso di arrivare a comprendere appieno la nostra natura, forse non vogliamo nemmeno sondare certe latitudini e lasciamo che le nostre crepe si riempiano d’oro, le posiamo sulla superficie della nostra coscienza e di esse ci vestiamo per brillare un poco, almeno di riflesso durante il giorno salvo la notte, tornare nell’oscurità a osservare l’oro sciogliersi al buio, svelare la nostra incurabile solitudine.
Ho letto, dicevo L’abbandono mentre ero a Milano. Tra una scarpinata e l’altra, un reperto archeologico e un oggetto di design, sempre con la testa vagamente rapita dalla storia che Valentina Durante ha saputo cesellare con parole toccanti, a dire il vero laceranti. Senza concedere nulla al perdono o alla consolazione. Non esiste rimedio alla vita, a quella che accade a ciascuno di noi. In ogni esistenza c’è un dramma, un abbandono, una scelta irreparabile, uno sconquasso emotivo. Insomma, qualcosa accade in ogni esistenza, per mano di altri oppure a causa dei loro pensieri detti o non detti, che trasforma il resto della nostra esistenza. Non c’è molta scelta, infatti con quello che abbiamo in sorte dobbiamo sopravvivere, trovare la nostra via, che sarà sempre un tentativo, fino all’ultimo giorno. Una tensione verso qualcosa d’altro, che probabilmente non saremo mai, perché potevamo essere solo quello che siamo stati.
PICCOLA RIFLESSIONE DI CONTESTO – Trovo che ci siano poche persone affidabili in circolazione e credo – non sono di certo la prima e la sola, anzi sono in ottima e gremita compagnia – che Giulio e le persone che collaborano con lui e che scrivono con lui seguendo i percorsi formativi della Bottega della narrazione, abbiano quel quid in più. Si tratta a mio avviso di un misto di consapevolezza, tensione all’arte e onestà che sono tutti valori non comuni, non facili da scovare ma evidentemente Mozzi è un rabdomante di umanità, che, nella sua rara complessità evoca un’appartenenza a cui quasi tutti vorremmo tendere e corrispondere.
Anche chi non lo ammette, anche chi pensa di leggere in queste righe le parole di una imbonitrice, niente di più lontano da me, per inciso. E’ una semplice osservazione dei fatti, solo dai fatti, dalle cose che accadono veramente, possono essere formulati dei giudizi, intorno a Giulio Mozzi accadono cose di libri, per lo più molto belle. Fine di questa mia disgressione.
AUTORICE – VALENTINA DURANTE

Valentina Durante è nata nel 1975 e vive a Montebelluna (TV). È copywriter freelance. Nel 2019 ha pubblicato La proibizione, mentre nel 2020 è uscito Enne. Del 2022 è invece Immaginare le storie – Atlante visuale per scrittrici e scrittori, scritto a quattro mani con Giulio Mozzi. Dal 2019 collabora come docente con la Bottega di narrazione.
Fonte www.lanavediteseo.it