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LETS – LETTERATURA TRIESTE
A Trieste c’è una bella novità per chi si avventura a est: dopo lunga progettazione e svariati dibattiti ha aperto LETS un museo dedicato alla cultura e soprattutto alla letteratura prodotta da chi abita questa città ma anche da chi la attraversa con il pensiero o con il corpo. Trieste è protagonista indiscussa, scenario perfetto per l’allestimento poliedrico, creativo e multidisciplinare che è stato ideato per queste sale.
Premetto che questa vuole essere una semplice carrellata, un “accompagnamento” lineare alla visita che io stessa ho fatto domenica mattina. Tuttavia sarebbe mia intenzione, tornare spesso da LETS e riproporre di volta in volta nuovi approfondimenti sulla letteratura cittadina. Ma andiamo con ordine.
La libreria degli scrittori, immersa in un rosso sanguigno che parla al cuore dei lettori accorsi a frotte in questi giorni, cattura subito il visitatore. Io nello specifico non mettevo piede da parecchio tempo nel palazzo Biserini in Piazza Hortis, se non per qualche visita all’Emeroteca nominata a Tomizza sita nell’ala antistante LETS. Eppure in questo palazzo ho trascorso settimane, mesi, anni piegata sui libri, in bilico tra quella che ero e che potevo diventare e quella che sono oggi. In pratica studiavo legge e poi ho smesso e infatti oggi faccio tutt’altro e scrivo un contenuto sul museo dedicato alla letteratura cittadina. All’inaugurazione Claudio Magris, che ha donato alcuni libri e lettere scritte di suo pugno, cautamente conservate dentro teche lucenti, ha tenuto una lectio magistralis sulla poliedrica natura e storia della letteratura a Trieste. Mi sarebbe piaciuto molto ascoltarlo ma qualche stralcio sono certa si possa intercettare in rete. Ecco qui un’intervista rilasciata dallo scrittore a LETS appunto e che parla di Trieste e di scrittura.
La scelta che immediatamente stuzzica il visitatore è quella di mettere sullo stesso piano, pur distinti negli spazi a loro dedicati, autori di oggi e di ieri, inglobati in un unico flusso che vuole incarnare la “voce” della città. Le inquietudini e i quesiti, le vite e le vicende raccontate con semplici lettere diventate parole dentro romanzi, saggi, film, articoli, poesie e dissertazioni. Come dicevo la prima sala è dominata dal rosso-amore per la parola, ho immaginato io, ma chissà a cosa vuole far pensare questa scelta cromatica, niente è lasciato al caso, ma la sensazione è di essere subito accolti, “scaldati”. Una tavolata centrale è imbandita con i libri anche di ultimissima uscita come per Federica Manzon oppure Mary Barbara Tolusso … faccio torto a non nominare altri autori ma i loro libri sono proprio quelli che ho visto per primi, forse per familiarità.
Le teche tutto intorno al tavolo narrano le gesta, letterarie e non, di moltissimi personaggi che si sono avvicendati intorno alla città, parlandone o facendo parlare di se. I percorsi letterari dedicati ai luoghi abitati e vissuti dagli scrittori, sono consultabili grazie a un pannello touch screen, ormai compendio imprescindibile di qualsiasi allestimento museale e che trovo insieme utile e divertente.

Segue una sorta di ricettacolo a fondo nero sul quale campeggia una collezione di locandine, il visitatore resta stupito di quanto il cinema abbia corteggiato e corteggi ancora Trieste, segue una saletta per la visione di proiezioni a rotazione; immagino che ci saranno piccole conferenze oppure mini eventi dedicati alla storia del cinema in città che merita attenzione perché pieno di sorprese inaspettate.
A questo punto il visitatore che, ligio, segue il percorso, può entrare nelle sale dedicate agli “approfondimenti”, risultato dell’attenta rielaborazione di materiali contenuti nelle precedenti sedi del museo Svevo e Joyce e infatti si snodano tre ambienti distinti.
La prima sala è quella dedicata a Italo Svevo, bellissima l’ambientazione domestica dorata e arricchita dalla libreria originaria e le poltrone, sembra di entrare a casa sua. In una teca resta sospeso il violino che era utilizzato dallo scrittore e poi ritratti e testi corredati da molteplici, chiarissime didascalie in due lingue. Qui mi sono anche stupita dell’esattezza dei testi e della cura nel renderli fruibili anche ai turisti, visione futuristica per una città che troppo spesso ho visto boccheggiare e che invece sembra all’erta! Bene!

Segue un piccolo corridoio con elegante chaise longue che pare unire, come una sottile conversazione, le sale di Svevo e le successive, dedicate a James Joyce. Qui domina il verde irlandese, viene ripercorsa l’infanzia e la vita, i trasferimenti, la casa di Trieste, le aspirazioni, i fallimenti, insomma tutta la combinata avventura esistenziale dell’autore dell’Ulisse. Imperdibile.
Proseguendo in questo giro arriviamo alle ultime due salette, azzurre come il cielo e il mare, dedicate al magnifico Umberto Saba, poeta che ha saputo, più di tutti, racchiudere nei suoi versi la solitaria eleganza della città di Trieste. Il poeta che ha gestito la Libreria storica – ora purtroppo chiusa e dal destino incerto – ha conservato libri di enorme valore, custodendone memoria, tra gli altri pregiatissimi testi del Petrarca passati attraverso mani e menti sapienti che con lui hanno trasmesso a noi l’amore per le parole antiche, sempre capaci di farsi foriere di bellezza.
Lascio qui le parole di Saba rintracciate online su www.internetcultura.it
Mi piacerebbe, adesso che sono vecchio, dipingere con tranquilla innocenza il mondo meraviglioso. E, fra le altre cose, la mia oscura bottega di Via San Nicolò 30 a Trieste; quella che, quando l’amava e passava volentieri fra le sue pareti le sue ore d’ozio, il mio amico Nello Stock chiamava, non senza qualche buona ragione,«la bottega dei miracoli».
Passando una mattina del 1919 per Via San Nicolò, vidi, o notai per la prima volta, quell’antro oscuro. Pensai: «Se il mio destino fosse di passare là dentro la mia vita, quale tristezza». Era – senza che io ancora lo sapessi – un monito o un presagio.
Pochi giorni dopo infatti l’acquistai dal suo vecchio proprietario, Giuseppe Maylàender. L’acquistai con l’intenzione di buttare nell’Adriatico tutti quei vecchi libri che conteneva, e rivenderla vuota a un prezzo maggiore. Ma dopo pochi giorni, non ebbi più il coraggio di attuare il primo progetto; quei vecchi libri – nessuno dei quali m’interessava per il contenuto – mi avevano incantato. Cercavo anche una sistemazione per la mia vita.
Storia di una libreria (1948).
Non vi sembra meraviglioso?
L’ultima sala, che collega alla sala rossa museo degli scrittori, è dedicata all’immagine della città la sua riproduzione fedele con le iconiche rive e il porto e poi un’edicola con copie di giornali di ieri e di oggi che riproducono articoli, fumetti, reportage, notizie storiche attraverso le quali viene restituita l’immagine di una città fuori dal tempo e alla portata di tutti, una “casa altrove” da amare, capire e adottare, per chi riesce a vedere la sua unicità.


Spero quindi di avervi incuriositi e se passate da Trieste prendiamoci un caffè e facciamo un giro da LETS in piazza Hortis!
Molto interessante davvero se non fossi a Roma mi sarebbe piaciuto esserci🐈⬛💖