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MISSITALIA – Claudia Durastanti
La nave di Teseo – 400 pp – uscito marzo 2024
Anticipo che questo romanzo fa parte di quella schiera libri che, per ragioni inspiegabili, mi sono trovata a schivare e che poi, una volta iniziati, si sono immediatamente aggiudicati il titolo di migliori letture dell’anno. Vi consiglio senza esitazione di leggere Missitalia, io in particolare conto di recuperare al più presto anche le altre opere di Claudia Durastanti, tra cui, sempre per La nave di Teseo, La straniera. Il motivo? La scrittura unita alla fantasia e al coraggio di interpretare e sperimentare linguaggio, idee, storia, tempo e spazio.

STRUTTURA: Per questa recensione parto da una premessa, a mio avviso doverosa, per chiarire a chi non l’avesse letto, il montaggio di questo romanzo e le ragioni per cui andrebbe preso in considerazione.
La storia si svolge in tre parti. Ognuna dominata da una voce femminile che ci mostra un tempo, appartenuto a chi legge ma anche sognato o temuto. L’atmosfera in tutte le parti è imperniata da una impalpabile contingenza, un destino scritto e che si srotola mano a mano che la lettura avanza.
La prima parte, connotata anche da scelte lessicali del tutto peculiari, si presenta come un cantico, abitato da creature di un’epoca lontana eppure vicina, la protagonista è Amalia Spada che assume immediatamente il comando della storia, si annida nella fantasia del lettore; lo sfondo della guerra, qualche richiamo alle donne combattenti o partigiane, donne temerarie, parola che spesso ci incalza; aleggia l’atmosfera da letteratura del dopoguerra (Elsa Morante), con quell’innocenza e quella violenza necessarie per alimentare la vita che solo i grandi eventi riescono a suscitare nelle persone e di conseguenza nei personaggi letterari. La sorellanza nasce da questo dolore, dalla perdita di passato e dalla mancanza di certezze per il futuro. Gli uomini in sottofondo, disturbano e allietano, diventano strumenti da ingurgitare mentre le donne si trasformano in creature mitiche e spietate, in anguille, pronte a sgusciare e scattare. La violenza è connaturata all’istinto di sopravvivenza, animale. Questa la connoterei come una era post primordiale. Qui lo scenario è la Val d’Agri in Lucania, in una casa tra i Calanchi un territorio calcareo e aspro che a tratti prende la connotazione di un far west da pellicola, un luogo da proteggere e conquistare; all’Italia riconducono, le usanze e le parole suggerite, con la tipica connotazione dialettale, le conversazioni tra i personaggi portano indietro alle nostre radici, in un Sud ancora oggi a volte fermo in un passato che sa di briganti e di lotta. Qui si apre la ferita dell’usurpazione dell’identità e dell’ambiente, a favore di una scellerata corsa al progresso e industrializzazione. Il piegarsi all’industria della produzione e del consumismo che erode cultura, luoghi e identità. La tensione verso un futuro ignoto che fa gioco alla struttura della narrazione.
La seconda parte riprende il filo del nostro tempo, curiosamente la protagonista si chiama Ada l’iniziale ricorre; il lettore, che ha viaggiato spaesato nella prima sezione del romanzo, ha l’illusione di rientrare a casa. Le relazioni si complicano e si sciolgono in un linguaggio ordinario, si rasenta la noia dei personaggi che vivono smarriti. L’autrice evoca la monotonia della nostra triste esistenza. Eppure noi lettori siamo memori della prima parte, quindi nella nostra mente si insinua una sottile paura, cosa si nasconde tra le maglie di questa apparente normalità? Soprattutto, perché ci assomiglia così tanto? Qui siamo a Roma negli anni Cinquanta, sembra di essere tornati indietro di decadi, le donne da combattenti fiere sono incarnate in una prospettiva che le soffoca, le ingabbia dentro schemi culturali e ideologici dai quali si cerca strenuamente di fuggire, spesso senza successo alcuno. La lotta femminista si coagula e si ravviva, sempre ai margini di una società che smarrisce la strada. Un’umanità tuttavia, in corsa verso un futuro ineluttabile e che spaventa e affascina.
La terza parte, sicuramente la più originale, quella dove in molti scorgono la Durastanti “adulta” , qui insomma l’autrice forgia un topos letterario atipico dove accade l’unione dei semi gettati nel resto del romanzo e forse nell’universo della stessa scrittrice, mi riservo però di leggere le sue altre opere per poter comprendere la sua maturazione stilistica. Questa parte dove una voce femminile “A” resta solo una lettera, incarna l’evoluzione della nostra coscienza in un tempo futuro che temiamo, che intravediamo tra le maglie della nostra noia esistenziale. Un’intelligenza, solitaria e onnisciente, attraversa le barriere del tempo e dello spazio, si ricongiunge al passato e al presente e ci descrive i nostri timori. Esiste nel futuro memoria di chi siamo stati? La prospettiva è l’oblio nell’infinità dello spazio oppure c’è la remota possibilità che qualcosa della nostra realtà possa restare intatta? La Luna, attualissima oggi per le dichiarazioni della Cina, sempre baluardo di potere. Conquistare la Luna significa ancora qualcosa, lo significherà in futuro? Le domande, durante la lettura ma anche una volta terminato fioccano e ti incalzano.
RIFLESSIONE: Missitalia è una parola composta, una delle protagoniste della prima parte a un certo punto dice che le manca l’Italia, Miss Italia. L’uso di questo termine, che rappresenta una porzione socio culturale della nostra società, uno strumento di classificazione e di etichettatura a cui le donne si sono sottomesse e ribellate. Nuove donne che riscattano la loro identità, la loro volontà di affermarsi come libere e decise a stabilire il loro ruolo nella società, femministe temute e ricacciate, come le streghe nel Medioevo, con strumenti e mezzi acconci. Missitalia è un libro che parla a noi che ci ripetiamo in ogni epoca, un ciclo continuo di storie e di vita, una linea che ci trafigge e che ci induce a riflettere sul nostro ruolo oggi, in memoria di ieri, connessi con i domani possibili. Viene da pensare, non appena si chiude il romanzo di Claudia Durastanti, che siamo hic et nunc ma anche ieri e domani, dentro di noi albergano migliaia di vite esistite nel passato e che ci hanno plasmati e al contempo siamo proiettati verso il futuro, a nostra volta semi dell’intelligenza che abiterà il tempo e lo spazio come noi non possiamo immaginare ma come, incapsulati in questo scorrere di coscienza, siamo destinati a sognare, senza una fine dispersi in una galassia infinita di possibilità.
Per chi decidesse di leggerlo: buon viaggio. Resterete senz’altro sorpresi, sgomenti, incerti, ammaliati, incuriositi, tristi e forse anche un poco felici. Desiderosi di leggere le nuove opere di Claudia, almeno, io lo sono, moltissimo.
Autrice:

Claudia Durastanti (Brooklyn, 1984) è scrittrice e traduttrice dall’inglese. Il suo romanzo d’esordio Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra (2010, nuova edizione La nave di Teseo 2020) ha vinto il premio Mondello Giovani. Ha pubblicato A Chloe, per le ragioni sbagliate (2013), Cleopatra va in prigione (2016) e La straniera (La nave di Teseo 2019), finalista al premio Strega, tradotto in più di 25 paesi e tra i migliori libri del 2022 per il “New Yorker”. Ha una rubrica di musica su “Internazionale”. Cura i libri della Tartaruga.
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