Edito con Einaudi – Collana Stile Libero -185 pp

Scheda sintetica:

INTRODUZIONE – Un romanzo circolare che passa attraverso vita e morte.

Emanuele Aldrovandi, drammaturgo, sceneggiatore e regista italiano, esordisce nel 2024 con il romanzo Il nostro grande niente e vince il Premio Severino Cesari Opera Prima e il Premio John Fante Cinema. Un autore fluviale, che ha all’attivo numerosi meritati premi e riconoscimenti. In questo esordio, che tuttavia non definirei tale, vista la dimestichezza dell’autore con la scrittura e la comunicazione, Aldrovandi spende il suo vissuto e al contempo la ricchezza dei temi e dei luoghi letterari e culturali abitati durante tutti questi anni di sperimentazioni. A riprova di questo vi anticipo la prima parte della Nota al testo che trovate in chiusura che definirei programmatica:

Lo scorrere dei giorni che determina la scansione dei capitoli è basato su due successioni numeriche.

Nella prima parte si tratta di una successione (X+X+I) scelta dall’autore per rappresentare l’espansione esponenziale del tempo. Ogni intervallo di giorni tra una scena e l’altra, infatti, è appena più lungo del doppio del tempo trascorso fra le due scene precedenti.

Nella seconda parte della sequenza di Fibonacci (I,I,2,3,5,8…), che fra i molteplici significati e rimandi è presente in natura all’interno di fenomeni di crescita come ad esempio la disposizione delle foglie lungo il ramo di una pianta o la distribuzione a spirale dei flosculi delle margherite e dei semi di girasole.

 

La storia scaturisce da una visione che ha il protagonista entrato in coma dopo una grave incidente, poco prima di sposarsi. In questo sogno, da questa posizione privilegiata  osserva lei rientrare a casa, annusare le lenzuola, ricordare, rifiutare cibo e parole e amore e poi, ricominciare a vivere un nuovo ciclo di esistenza: anche senza di lui. Il dolore di perdere la vita per lui è niente in confronto alla perdita del suo posto, nella vita. La perdita di un amore unico, svelatosi capace di svanire e ricomporsi, semina la disperazione nella mente del protagonista. Ritornare potrebbe essere quindi la cura, ritornare al “prima” è possibile, dopo aver compreso questa verità oscura? Che “questo sentimento è completamente sostituibile?” Che il mondo non finisce con noi?

“Sarebbe bello poter piegare il tempo in due, come se fosse un foglio di carta, farci un buco e congiungere il presente con il passato. Io potrei essere ancora vivo, nel passato. Attraverso quel buco potrei allungare la mano e stringere la tua, nel presente”

E ancora:

“… viviamo in una società profondamente ingiusta in cui certe persone, come noi, hanno avuto il culo di essere al riparo da minacce impellenti tipo la malaria o le missioni di pace americane. Questo ci dà il tempo di pensare alla nostra vita e di darle un grande valore, per cui è normale che poi l’idea di perderla ci sembri la fine del mondo. Ma nonostante questo, succede lo stesso.”

NOTE PARTICOLARI – CIRCOLARITA’ TEMPO E TEMI

L’autore mette a servizio della sua storia la necessità del protagonista di capire. La morte in senso Epicureo non è qualcosa che ci riguarda, perché in vita non potremo esperirla, eppure lui compie tentativi su tentativi per sconfiggerla, irrimediabilmente da solo, commettendo errori, ferendosi e ferendo chi gli sta vicino, e pagando il prezzo delle conseguenze del suo destino naturale che non riuscirà ad accettare.

Senza la prospettiva della durata, c’è solo un presente perpetuo che riparte da zero tutte le mattine: ogni giorno è il primo e potrebbe essere l’ultimo. […] Certo, sentivo già la tua mancanza ma allo stesso tempo mi dicevo che quella mancanza era solo il residuo di un’illusione. 

Ci raccontiamo tante cose, ma in fin dei conti non siamo altro che post-scimmie.

Mangiamo, godiamo e ci battiamo i pugni sul petto.

Tutto il resto è maquillage sociale.

Eppure è questo che ci rende quelli che siamo poiché: 

Le nostre tappe evolutive si sono fondate su questo, sul rifiuto del nostro destino naturale, cioè la morte.  

La storia è divisa in due parti di un cerchio che si piega su se stesso come in un segno d’infinito, è tratteggiata con una struttura temporale del tutto insolita che ne traccia un andamento più percepito che reale, poiché la realtà è solo in parte residuale percepibile e comunicabile. 

Questo romanzo è stato una lettura preziosa: ha intercettato scie nascoste di vecchie letture e di lontane riflessioni. Ha saputo così risvegliare dei pensieri, prendermi per mano e farmi vedere un mondo scomposto e riplasmato da immaginare. Provo gratitudine per Emanuele, un autore che seguirò con affetto e che si colloca ora tra i miei preferiti contemporanei.

Autore- Emanuele Aldrovandi

L’AUTORE – EMANUELE ALDROVANDI

(Reggio Emilia, 1985) è autore e regista per teatro e cinema. Il nostro grande niente è il suo primo romanzo.