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ORBITAL – Samantha Harvey
NN Editore – 174 pp
Scheda sintetica:
Punti di forza:
Un canto d’amore all’universo e all’umanità, caratterizzato da una scrittura lirica e da un chiaro intento educativo.
Debolezze:
Una struttura narrativa che tende alla ripetizione, creando uno schema che risulta talvolta prevedibile e poco dinamico.
Destinazione ideale:
Lettori appassionati di narrazioni futuristiche, tecnologie aerospaziali e riflessioni ecologiche.
INTRODUZIONE
Orbital di Samantha Harvey, vincitore del Booker Prize 2024, è un’opera che ci trasporta direttamente in una Stazione Spaziale Internazionale, seguendo da vicino le esistenze di sei astronauti. Si dice che questo romanzo sia “praticamente senza trama”.
Ma è davvero così? Cerchiamo di scoprirlo insieme.
TRAMA
Il libro narra la vita quotidiana di sei astronauti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, scandita da sedici albe e sedici tramonti. Non aspettatevi incontri con razze aliene o pianeti senzienti. A bordo troviamo quattro astronauti (americano, inglese, italiano, giapponese) e due cosmonauti (russi). Incarnano il desiderio di conoscenza umano, l’instancabile necessità di sapere cosa sta “oltre”, forse segno d’umiltà, forse incapacità di vivere in un luogo soltanto: si tratta della più intima natura umana; del singolo e dell’intera umanità: l’istinto di superarsi, di evolversi, di essere se stessi: altro dal sé di questo momento; in una infinita tensione di ricerca.
Ma l’arroganza è il vero male del nostro tempo, e non solo del nostro tempo. La parola viene scandagliata in riferimento al progresso, attraverso l’espediente retorico della ripetizione (perché repetita iuvant): perché il progresso non è una cosa, ma una sensazione, un miscuglio di avventura ed espansione. Quando il progresso poi è dettato dall’avidità questo diventa lo strumento più efficace per plasmare il pianeta: l’uomo è artefice quindi, della sua bellezza e della sua rovina. Una contraddizione da libero arbitrio. Quando, invece, nella semplicità si potrebbe trovare ogni risposta.
Gli astronauti e i cosmonauti vengono descritti quasi come se fossero il cuore, le mani e la coscienza stessa della navicella, vivono un’esperienza unica di osservazione del nostro pianeta verso il quale sono mossi da uno stupore infantile e da una delicata nostalgia.

Quando siamo su quel pianeta guardiamo in alto e pensiamo che il paradiso sia altrove, ma ecco cosa pensano gli astronauti e i cosmonauti a volte: forse tutti noi che siamo nati su quel pianeta siamo già morti e ci troviamo nell’aldilà. Se davvero dopo la morte dobbiamo andarcene in un luogo improbabile e difficile da immaginare, quella sfera vitrea e lontana, con le sue splendide danze solitarie di luce, potrebbe essere il posto giusto.
Dalla Terra giungono loro notizie, nascite, separazioni, gioie dolori, tragedie ambientali (come il violento tifone che gli astronauti osservano come un’entità crudele e silenziosa che si abbatte sulla superficie della terra).
La consapevolezza della fragilità della vita umana è un tema costante nelle loro conversazioni, nelle loro paure e nei loro sogni.
La vita a bordo viene descritta nei piccoli rituali, nei ricordi, nelle condivisioni e anche attraverso la descrizione delle delicate operazioni fuori navicella e le documentazioni degli esperimenti portati avanti a bordo, cellule che pulsano speranza per la Terra che combatte una guerra con le sue creature più intelligenti.
L’intelligenza artificiale viene toccata con una domanda che lascio esattamente come posta dall’autrice (perché racchiude anche una risposta)
Ma cosa significherebbe lanciare nello spazio delle creazioni che non hanno occhi per vederlo e cuore per temerlo per gioirne?
RIFLESSIONI
I personaggi di Orbital non si rivelano mai completamente, restando figure in parte avvolte nel mistero, e finiscono per agire come piccoli componenti di un meccanismo più grande. Non ci sono colpi di scena eclatanti o rivelazioni improvvise.
Lo scorrere del tempo scandisce la vita sulla navicella
Lo spazio prende le loro ventiquattro ore e in cambio gli offre sedici giorni e notti
Abitano un tempo diverso da quello che conosciamo sulla terra: è un tempo al quale aggrapparsi per sentirsi ancora umani, non particelle disperse in una voragine oscura:
Altrimenti… altrimenti il centro va alla deriva. Lo spazio fa a pezzi il tempo. Durante l’addestramento ci dicevano sempre: tenete il conto di ogni giorno, appena vi svegliate, e ditevi: questa è la mattina di un nuovo giorno. Ricordatevelo sempre. Questa è la mattina di un nuovo giorno.
Ma a bordo dell’Orbital è facile perdersi perché nelle sue evoluzioni:
Lo schiocco di frusta del mattino arriva ogni novanta minuti.
L’unica cura, o consolazione per il tempo che è inafferrabile: è la Memoria, il Ricordo: Ricordalo è una parola che ricorre più volte, come monito o suggerimento, assestato perfettamente all’interno della narrazione.
L’attenzione è focalizzata sulla loro particolare prospettiva. Da questa posizione privilegiata, i confini nazionali sulla Terra perdono di significato, lasciando il posto a “un globo indivisibile che non conosce divisioni, né tantomeno guerre”. Allo stesso modo, le barriere tra gli individui appaiono meno definite. Un passaggio importante collega Shaun e una riproduzione del dipinto Las Meninas, le damigelle, di Velazquez.

Il gioco delle prospettive diventa pretesto per trasfigurare il senso di non appartenenza e la necessità di osservare per cogliere appieno la realtà: se la realtà potrà mai essere colta nella sua autenticità. “Illusioni, trucchi e artifici” forgiano la nostra realtà e si trasmettono, moltiplicandosi alle nostre percezioni: così diventa pressoché impossibile essere sicuri di aver compreso la realtà che ci circonda.
Uno dei temi approfonditi è quello del cambiamento climatico; questo avviene grazie ai pensieri e alle osservazioni fatte dagli astronauti e dai cosmonauti. Sincronicità/fluidità/armonia questi ingredienti fondano la grazia del movimento terrestre (e dell’universo): per cogliere l’importanza del cambiamento climatico si pensi che clima e Terra: sono la stessa cosa: cambia il clima: cambia la terra. L’autrice ci accompagna con frasi poetiche lasciando tra le righe l’ovvio che non vogliamo ammettere:
Sente una cicala, prima non se ne sentivano mai in questo periodo dell’anno, ma adesso fa sempre così caldo che non sanno quando morire. […] è un richiamo di solitudine, un lasciamo stare, e c’è solo quel suono nel crepuscolo silenzioso.
NOTA PARTICOLARE
La scelta di una struttura ripetitiva appare come un omaggio all’infinito e all’ordine dell’universo, ma in certi passaggi si trasforma in un elenco rigido, che, invece di rafforzare il messaggio, rischia di annullarlo.
Considerando l’importanza del premio ricevuto, è comprensibile che il pubblico si aspetti una narrazione che, pur giocando sull’idea dell’infinito, sappia mantenere un equilibrio tra ripetizione e variazione, per non cadere nella trappola della sterilità stilistica.
Una gestione alternata della ripetizione, con intermezzi narrativi più dinamici, avrebbe potuto valorizzare il simbolismo dell’infinito senza rischiare la sterilità stilistica e l’emotività del racconto. Pur non potendo attribuire al libro un plauso incondizionato, rivedendo Orbital ho riscoperto il suo potere di riconquistarmi il lettore.
Infine Orbital esplora una tematica solitamente marginale nella narrativa – anche se, in questa veste, non raggiunge la massima efficacia – restando comunque una lettura consigliata per la sua originalità e le perle di intensa emotività. Da leggere.
Presto inserirò qui un post dedicato più all’autrice che a Orbital e che vorrei diventasse un post di esplorazione del suo universo letterario. Intanto vi lascio questo video che ho trovato particolarmente interessante: