LA GOVERNANTE DI MADAME DE LEMPICKA – Clara Zennaro
Di Clara Zennaro – Edito con GMLibri – 247 pp.
“La governante di Madame de Lempicka”: le case, la donna, l’icona
L’ultima lettura affrontata all’interno del gruppo L’arte delle parole, che ho il piacere di curare insieme a Daniela Derossi presso la galleria EContemporary di Elena Cantori, ci ha portate nel cuore di un romanzo che è insieme biografia, romanzo storico e riflessione sulla costruzione dell’identità: La governante di Madame de Lempicka, esordio narrativo di Clara Zennaro.
Tamara de Lempicka è sempre stata, per me, una figura affascinante. I suoi quadri dalle linee nette, le figure voluttuose e geometriche, l’eleganza algida e sensuale… tutto in lei – e nella sua arte – comunica desiderio e distanza. Ma è solo leggendo questo romanzo che ho potuto conoscerla da vicino, in un senso nuovo: umano, fragile, a tratti inquietante.
L’autrice ci offre un accesso privilegiato alla vita di Tamara attraverso uno stratagemma narrativo potente: la voce della governante Rosalia, che fin da giovanissima entra nella casa degli Stifter, zii della futura pittrice, per aiutare economicamente la sua famiglia. Costretta a rinunciare agli studi, Rosalia è l’altra faccia della condizione femminile dell’epoca. Tamara e Rosalia crescono vicine eppure diversissime, due donne che incarnano desideri e possibilità diseguali, ma che si influenzano e si osservano costantemente.
Le case come spazi dell’identità
Il romanzo è attraversato da uno straordinario fil rouge: le case. Le case in cui Rosalia entra per lavorare. Le case in cui Tamara cresce, crea, abita, si trasforma. Sono case reali, con indirizzi precisi – come la celebre Rue Méchain a Parigi, progettata per lei dalla sorella Adrienne Groska, che aveva studiato architettura e la spinge a iscriversi all’Accademia di Belle Arti. Ma sono anche spazi simbolici: le stanze diventano rifugi, atelier, palcoscenici.
A ogni trasloco, Rosalia prova un senso di spaesamento, poi di fermento. Tamara invece trasforma ogni ambiente in un’estensione del proprio ego artistico. Le sue case sono specchi: rivelano il suo gusto, la sua ambizione, il suo bisogno di controllo. Luoghi di rappresentazione, di strategia sociale, di creazione continua di sé.
Da Abitare – Casa Atelier di Rue Méchain come si presenta oggi.
In particolare, la casa di Rue Méchain sarà il cuore della sua parabola parigina. È qui che il fotografo Willy Maywald, negli anni Cinquanta, in una serie di scatti celebri: vestita in abiti sontuosi davanti a un cavalletto, oppure come un’ombra decadente armata di candeliere in una stanza di gessi. E proprio in questi interni, pieni di statue classiche e luci teatrali, nascono molte nature morte dei suoi ultimi anni.
Condizione femminile e scelte difficili
Nel romanzo, Rosalia compie scelte sofferte ma emblematiche della condizione femminile dell’epoca: si sposa pur sapendo che quella strada non le avrebbe portato felicità. Ma sceglie comunque, per necessità e dignità, in un mondo che alle donne offre ruoli rigidi e poche alternative. Tamara, al contrario, si ritaglia un percorso irregolare, fuori dagli schemi, e paga per questo un prezzo altissimo: solitudine, incomprensioni, l’etichetta di donna “difficile”.
Ma anche lei, nel tempo, scopre limiti e cedimenti. Dopo la guerra, il mondo cambia, l’arte evolve, e Tamara resta intrappolata nella sua estetica. Gli anni Sessanta segnano l’inizio di un declino: si allontana dall’ambiente artistico, spesso respinta, si rifugia tra hotel di lusso, da Capri a Venezia, in un’esistenza da jet set, come si dirà in quegli anni – e non a caso, visto che fu proprio il suo amico Igor Cassini a coniare il termine.
Il rapporto con la figlia e la fragilità del mito
Il ritratto più autentico di Tamara emerge forse nelle parole della figlia Kizette, che nella biografia Passion by Design scrive:
«Aveva le sue leggi, ed erano quelle degli anni Venti. […] Viveva sulla Rive Gauche, dove dovevano vivere gli artisti, e detestava tutto ciò che era borghese, mediocre e “carino”. Indossava solo abiti di lusso per accecare il pubblico e creare un’aura di mistero […] La ragazza polacca di buona famiglia, la sposa bambina, l’emigrante, la madre giovanissima furono inghiottite dai suoi dipinti come paraventi del camerino di un diva. […] “Io vivo ai margini della società”, diceva Tamara. “Per quelli come me le regole comuni non valgono”. Fin dal principio, mia madre aveva puntato tutto sullo stile».
Ed è proprio quel “puntare tutto sullo stile” che, negli ultimi anni, diventa un boomerang. Con la morte del secondo marito, il barone Kuffner (sepolto in mare nel 1961), Tamara resta sola. La sua bellezza sfiorisce, la passione vacilla, l’arte cambia e lei non riesce più a trovare posto. Si aggrappa alla sua immagine, ma l’immagine non basta più. E inizia un vagabondaggio che non ha più l’energia della fuga creativa, ma l’amarezza della disillusione.
Una lettura che ci ha fatto discutere, riflettere, emozionare
La scelta del romanzo di Clara Zennaro si è rivelata perfetta per il nostro gruppo. Ci ha permesso di discutere di arte, ambizione, identità, ma anche di femminilità, compromessi, e memoria. Un libro che racconta due donne e, attraverso di loro, racconta anche noi. Le nostre fragilità, le nostre decisioni, i nostri sogni. Le nostre case, reali e simboliche, in cui ogni giorno abitiamo noi stesse.
AUTRICE: Clara Zennaro
Vive a Venezia, dove ha conseguito il diploma di laurea in pittura presso l’Accademia di Belle Arti con la tesi “Quod Corpus? – breve percorso nelle mutazioni anatomiche”, che analizza il cambiamento della percezione del corpo umano nella storia dell’arte. Per molti anni si è occupata di pittura, con particolare attenzione allo studio del ritratto. Oggi scrive prediligendo tematiche legate al mondo dell’arte. Cura il blog “Storie di artiste straordinarie” dedicato alle pittrici e alle scultrici dimenticate dalla storia. Ha pubblicato i romanzi “La governante di madame de Lempicka” (2021), che narra la vita e la carriera della pittrice Art Decò Tamara de Lempicka, e Juana Romani’ (2023), dedicato a Carolina Carlesimo, pittrice italiana famosa a Parigi durante la Belle Époque.