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L’ESTATE CHE RISOLSE OGNI COSA – Elvira Lanza
di Elvira Lanza
Edito con Barta Editore nel 2022, 132 pp.

Quando una storia breve arriva a toccare il cielo
Con L’estate che risolse ogni cosa, Elvira Lanza conferma la sua sensibilità letteraria e la capacità di attraversare le emozioni più complesse con linguaggio vivido e misurato. La selezione tra i finalisti del Contropremio Carver 2024 ne riconosce il valore e la profondità, rendendo questo romanzo un piccolo gioiello contemporaneo.
Un romanzo breve, ma capace, con la precisione della poesia, di toccare le corde più intime del lettore. In poche pagine, Lanza compone una narrazione che pulsa di emozioni non addomesticate, di sentimenti che si rincorrono nel magma familiare, lasciando dietro di sé una scia di risonanze.
Trama: vite di ordinario dolore
La vicenda segue, con vari salti temporali, Jacopo, un bambino che cresce in una famiglia borghese, ordinaria, inquadrata. Ma la separazione dei genitori apre una crepa silenziosa, che si allarga a ogni incomprensione. La fragilità degli adulti, le loro mancanze e assenze, conducono Jacopo a una giovinezza spigolosa e dolorosa, segnata dalla rabbia e dalla dipendenza.
Eppure, anche negli abissi più bui, riesce a riemergere. Sempre da solo. Sempre con le sue forze. Una lenta risalita che ci ricorda quanto possiamo essere alti, se solo scegliamo di alzarci.
Struttura: un montaggio a voci alterne
Uno degli aspetti più riusciti del romanzo è la scelta narrativa corale. Ogni capitolo è affidato a un personaggio diverso: Jacopo, la sorella Elisa e il suo fidanzato Nicolò i genitori Malena e Marcello. Questa rotazione di voci genera un mosaico affettivo in cui nessuno è innocente, ma tutti sono umani.
La famiglia è come una cellula che, se spezzata, non riesce più a difendersi dagli attacchi esterni. Personaggi come Lorenzo agiscono da agenti patogeni, destabilizzando ciò che resta. Ma il vero nucleo del disastro sta nelle scelte piccole e quotidiane, quelle che, nel tempo, cambiano le persone e il destino.
Magma familiare: il cuore in disordine
Lanza lavora su un tema antico ma sempre vivo: la famiglia come luogo di forze contrapposte, affetto e delusione, cura e omissione. Le emozioni si aggrovigliano e si traducono in desideri inespressi, in identità mutilate.
È il caso di Jacopo, figura tragica e simbolica: un bambino cresciuto nell’assenza dell’amore, vittima delle fragilità degli adulti. Su di lui pesa una piramide rovesciata di decisioni, piccole e grandi, che i genitori compiono senza rendersi conto del danno che possono causare.
Il romanzo ci ricorda che ogni scelta che facciamo ricade inevitabilmente su qualcun altro, ed è in questa consapevolezza che risiede la nostra più grande responsabilità.
La colpa: un’eredità invisibile
La colpa è l’emozione che più ricorre in tutta la narrazione. Una colpa quasi ancestrale, che si trasmette di generazione in generazione come una malattia genetica, contagiosa, e che semina smarrimento e paralisi. È un senso profondo di incapacità di prendere in mano la propria esistenza, una fragilità che accomuna tutti i protagonisti. La colpa, più di ogni altra emozione, annienta la volontà, pietrifica l’energia del cambiamento.
Si manifesta dopo le emozioni primarie — rabbia, paura, tristezza, gioia, disgusto, sorpresa — ma finisce per coprirle tutte, come un olio nero che tinge ogni angolo della psiche. Anche quando si intravede per i personaggi una via di salvezza, la colpa rimane lì, latente, pronta a risvegliarsi e divorare tutto ciò che resta, proprio come i mostri sotto i letti dei bambini — solo che nella vita, accade davvero.
È la colpa che blocca Marcello, che si lascia assorbire da una relazione extraconiugale e si eclissa, abbandonando il ruolo di padre. È la colpa che schiaccia Malena, che introduce nella vita dei figli un uomo instabile, perché sopraffatta dal bisogno di amore e di punti fermi. E colpa sente anche Elisa, che si rimprovera di aver taciuto, di non aver affrontato, di essere stata troppo delicata. Ma quella morbidezza nasce da un bisogno disperato di pace e di equilibrio, un sogno che rincorre, senza riuscire mai a raggiungerlo.
Infine, c’è la colpa muta di Jacopo, che non ha ancora una forma precisa, ma si insinua come un debito invisibile che chiederà un prezzo sempre più alto. Perché ogni colpa nasce dalla responsabilità: dal non aver scelto — o non aver potuto scegliere — la cosa giusta.
È il debito verso se stessi, verso la propria vita, le passioni e i talenti accantonati che lascia il segno nel lettore. Induce a riflettere sul tempo e la sua caducità, sul fatto che niente può essere stretto tra le dita e malgrado la colpa, la solitudine e l’indifferenza altrui l’unico debito che deve essere onorato è proprio quello verso noi stessi, perchè l’onda pura e illuminante della nostra felicità potrà soccorrere chi ci sta vicino.
Questa la nota di speranza che si cela dentro queste esistenze così maltrattate dalla vita.
Una poesia come chiave di lettura
Rileggendo il romanzo per questa recensione continua a risuonare una poesia di Emily Dickinson, “Non sappiamo mai quanto siamo alti” e questo è il testo:
Non sappiamo mai quanto siamo alti
Finché non siamo chiamati ad alzarci
E allora, se siamo conformi allo scopo
Le nostre stature toccano i cieli –
L’Eroismo che recitiamo
Sarebbe una cosa normale
Se non curvassimo noi stessi i Cubiti
Per paura di essere un Re –
*****************
We never know how high we are, Emily Dickinson
We never know how high we are
Till we are asked to rise
And then if we are true to plan
Our statures touch the skies –
The Heroism we recite
Would be a normal thing
Did not ourselves the Cubits warp
For fear to be a King –
Rimando per un approfondimento su Emily Dickinson a Le città di carta…
Perché leggerlo
- Perché in sole 132 pagine riesce a raccontare un’intera vita.
- Perché ci ricorda che la fragilità non è debolezza, ma il punto da cui può nascere il cambiamento.
- Perché le parole di Lanza sanno guarire anche senza promettere soluzioni.
AUTORE:

Elvira Lanza è poetessa, scrittrice e autrice di testi per canzoni. Nata a La Spezia, dopo un periodo a Milano si è trasferita a Bruxelles, dove vive. Tra le sue pubblicazioni, I mandorli in fiore (2001) e Una voce spezzata (2009).
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