La malacarne Edizioni Einaudi, Collana Stile Libero – 469 pp

Dopo La malnata (2023), Beatrice Salvioni ci restituisce le sue creature nel romanzo La malacarne uscito sempre con Einaudi nel 2024. Un libro che non abbandona le protagoniste prima di far compiere loro il giro completo delle loro esistenze ma che soprattutto ci interroga: cosa determina davvero un destino?

La domanda attraversa ogni pagina.
Il destino è un intreccio di geografia e storia, di latitudine e occasione. È una trama fitta, in cui si resta invischiati fin dal primo vagito — ma non è mai immutabile.
Perché ogni donna, ogni uomo, può disobbedire a un destino scritto.
Ed è questo che fanno la malnata e la malacarne: distruggono la storia che sembra già decisa, la modellano ogni giorno, reinventandosi.


Il destino è scritto ma non è mai ubbidito, così un destino assegnato ha la certezza d’essere riplasmato da ogni uomo e donna, di essere disatteso, interpretato. Così fanno la malnata e la malacarne: seguono la loro storia ma poi la distruggono, vanno incontro all’ignoto e lo ingoiano, mai completamente, lasciano parte della loro coscienza scoperta e così la mantecano con una nuova identità: quella che nasce ogni giorno che arriva in terra, per ogni singola persona.

TRAMA:

Siamo a Monza, 1940. La guerra incombe. Francesca, sedici anni, scappa di casa. Ad accoglierla c’è Noè: un ragazzo che manda avanti una bottega di ortaggi, una corte piena di galline e una cagna, Giuditta, che distingue l’animo degli uomini meglio di molti adulti.

La tensione familiare è insostenibile: la madre se n’è andata, il padre porta segreti troppo pesanti. Francesca fugge — e la fuga è sempre un atto di sopravvivenza, di resistenza.

Nel frattempo la malnata riemerge: prima nei ricordi di Francesca, poi di nuovo in carne e ossa. Tornata da un manicomio che l’ha spezzata ma non sconfitta, deve scegliere come sopravvivere.

Accettare o sfidare l’ordine del mondo? Le due ragazze, insieme e contro, imparano che nessun destino resta identico quando lo si guarda in faccia.

BREVE ANALISI:

Il nocciolo della questione che affronta Francesca sta nella sua capacità di osservare la realtà che la circonda, e di non accettarla. In Francesca alberga il profondo e selvaggio desiderio di giustizia, una sete che nasce nell’infanzia e che non si spegne nella sua età adulta, non smette di scoprire il suo coraggio.

Un coraggio alimentato dai soprusi che osserva, dalle violenze che deve accettare. La sua e ovoluzione è inevitabile, un destino forse scritto, come si diceva prima, ma anche un destino che viene forgiato dalla sensibilità del soggetto (personaggio) e che modifica la storia personale ma riverbera una fiamma della sua luce anche intorno.

La rabbia non era un’emozione contemplata tra le regole di obbedienza cui sottostavo da bambina. Ora che la sentivo straripare ero certa che tutta quella collera mi avrebbe roso le viscere, procurato la febbre; era un’inquietudine che risaliva ai denti. Avrei potuto sputarla in bestemmie furiose verso il cielo. O forse avrei fatto meglio a custodirla, levigarla.

Fino al giorno in cui avrei trovato la fessura in cui affondarla. Non avrei più permesso a nessuno di farci sentire così, capaci di niente contro le ingiustizie.
Un giorno. Sì, un giorno avrebbero visto.

La malacarne rientra nel filone dei romanzi ambientati durante e alla fine della seconda guerra mondiale e con protagoniste femminili che si mutano in prototipi di femministe ante litteram. Mi vengono in mente altri due romanzi recensiti nel blog Promettimi che non moriremo e I giorni di Vetro.

Donne che malgrado la mancanza di strumenti, loro malgrado, diventano eroine, magari non al punto da dover essere ricordate su targhe o con statue – non sia mai, sono donne in fodno – ma eroine in ogni caso che nel loro piccolo agiscono sulla storia che poi è quell’unione di impercettibili granelli sperduti in un tutto intelleggibile ma che perde della sua varietà.

L’invito di queste autrici è netto: conservare la memoria e proporre modelli. L’antifascismo e l’emancipazione sono i due temi che connettono le vicende. Tutto lecito se non fosse che percorrere una tematica e rivoltarla in tutte le direzioni non la rafforza, ma la svuota della sua purezza. Il modello comincia a zoppicare e per quanto storie di questo tipo non smetteranno d’essere raccontate ci si chiede se forse la narrativa abbia bisogno di uno sfogo diverso, che esplori e non rivanghi.

Ma sono domande che restano sospese e senza risposta, leggeremo ancora di altre Francesca e Maddalena e piangeremo delle loro disgrazie ed esulteremo dei loro successi e loro alimenteranno la nostra speranza. Chiuderemo il libro e passeremo alla prossima lettura con un pizzico di nostalgia per donne e uomini che hanno combattuto per la nostra libertà e che non sappiamo se al momento opportuno potremo rendere giustizia al loro coraggio e così proteggere il nostro privilegio più grande: la libertà.

Fonte: www.einaudi.it

AUTRICE:

Beatrice Salvioni (Monza, 1995), ha praticato scherma medievale e ha scalato il Monte Rosa. Nel 2021 si è diplomata alla Scuola Holden e ha vinto il Premio Calvino racconti. La malnata (Einaudi 2023 e 2025), il suo primo romanzo, è tradotto o in corso di traduzione in tutto il mondo e diventerà presto una serie tv. Per Einaudi ha pubblicato anche La malacarne (2024).(Fonte www.einaudi.it)

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